La Fontana delle 99 Cannelle, si contende con la Basilica di Collemaggio il ruolo di Monumento Simbolo del Capoluogo Abruzzese. Restaurata dal FAI e parzialmente ricostruita nelle parti maggiormente interessate dai crolli post-terremoto, la Fontana delle 99 Cannelle dell’Aquila è tornata al suo originario splendore!.
Un po’ di storia… Quando fu scelto il sito per la fondazione della città, si individuò un luogo chiamato Acquilis o Acculi o anche Acculae, per l’abbondanza delle sorgenti che vi si trovavano. La zona era in una posizione strategica tra i due poli entro i quali doveva nascere il nuovo centro urbano e cioè i due centri di Forcona e Amiternum. Acculi, vicina anche al fiume Aterno, corrisponde all’attuale Borgo Rivera, dove oggi si trova la Fontana delle 99 Cannelle; al tempo della fondazione vi era in quell’area una chiesa con un monastero, Santa Maria ad Fontes de Acquilis (o de Aquila).
Fu dunque scelto per la nuova città il nome di Aquila, che riprendeva il toponimo già esistente, ma che richiamava anche l’emblema dell’aquila imperiale, attribuito all’Imperatore Corrado IV.
La Fontana delle 99 Cannelle, è costituita da novantatré mascheroni in pietra e sei cannelle singole, dalla maggior parte dei quali sgorga l’acqua. Secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i 99 castelli del circondario che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell’Aquila.
La fontana costituisce quasi l’intero perimetro dell’omonima piazza quadrangolare posta adiacente alle Mura urbiche.
La storia della fontana delle 99 cannelle, comunemente considerata uno dei primi monumenti civici dell’Aquila e un’esaltazione della sua origine autonoma, non è di semplice interpretazione. Essa fu probabilmente eretta su progetto dell’architetto Tancredi da Pentima nel 1272, a pochi anni dalla seconda fondazione della città, come testimoniato dalla lapide sita sulla parete di fronte al cancello d’ingresso.
Il perimetro della fontana, che per un lato si appoggia alla cinta muraria della città, è caratterizzato dall’intreccio di masselli di pietra bianca e rosa tratta dalla vicina cava di Genzano di Sassa, presenti anche nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio e in altri monumenti dell’Aquila. È costituita da cinque vasche poste su livelli differenti e leggermente sfalsati tra loro, sulla più alta delle quali viene immessa l’acqua tramite appositi mascheroni. Questa struttura era appositamente studiata per consentire il lavaggio del bucato che vi avvenne quotidianamente sino ai primi decenni del XX secolo.
I mascheroni sono tutti diversi fra loro e intervallati da formelle rettangolari, novantatré delle quali contenenti un fiore in rilievo e un rosone, mentre le rimanenti sei sono vuote. Queste ultime rappresenterebbero le piaghe del Cristo, mentre il rosone è a simboleggiare il ciclo della vita e quindi l’eternità.
Particolare della fontana delle 99 Cannelle
Secondo la tradizione, la funzione dei mascheroni è quella di rappresentare allegoricamente i signori dei novantanove castelli che contribuirono alla fondazione dell’Aquila nel XIII secolo. La città sarebbe infatti costituita di novantanove piazze, novantanove chiese e novantanove fontane, ciascuna riferita al castello di riferimento, e la fontana della Rivera testimonierebbe tale operazione; in realtà il numero dei locali su cui fu fondata L’Aquila è leggermente minore di novantanove, e anche il numero di mascheroni dai quali sgorga l’acqua è attualmente di novantatré. Difatti, altre sei cannelle, di dimensioni minori e senza alcuna funzione pratica, sono poste poco sotto il parapetto del lato destro, probabilmente per alimentare la leggenda del numero novantanove.
Tra tutti, di particolare interesse è quello posta sull’angolo destro raffigurante un uomo con la testa di pesce che farebbe riferimento a una favola medievale nota come leggenda di Colapesce e, di conseguenza, permette di ricollegarla al nome di Federico II di Svevia, a cui si vorrebbe legata la fondazione della città (in realtà, la fondazione della città si deve a suo figlio, l’imperatore Corrado IV, e risale agli anni dal 1254 al 1266, quando Federico II era già morto).
Un altro mistero legato all’opera riguarda la sorgente di alimentazione, tenuta volontariamente segreta per evitare che un castello piuttosto che un altro ne rivendicasse la paternità, tanto da spingere a giustiziare il progettista affinché non la rivelasse a nessuno; secondo la leggenda le spoglie di Tancredi da Pentima sono tuttora poste al di sotto della pavimentazione della fontana. La sorgente della fontana è con ogni probabilità posta nelle vicinanze della chiesa di Santa Chiara, sul lato nord-orientale della zona della Rivera.
Claudio Di Giammarco
claudio.digiammarco@weareinabruzzo.it
weareinabruzzo, 20/08/2019
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